di Vittorio Galigani
La crisi economica che ha “preso” per la gola la terza serie sta dando sempre più spazio, in diverse società, a una inqualificabile “debolezza” genitoriale. Un fenomeno che va espandendosi a macchia d’olio. Il genitore “sponsor” (gulp!). Quello che apre i cordoni della propria borsa in cambio di un minimo di minutaggio ed il cognome del suo “virgulto” griffato sulla maglia
Lega Pro sotto assedio. L’onere gravoso, del costo del lavoro, lascia sul campo sempre più vittime. La terza serie del calcio italiano rischia di implodere a breve. Il calcio dei campanili e dei pulmini, per come è strutturato nel presente, non ha più motivo di esistere. Il risultato del campo non è più sovrano. Le classifiche vengono/saranno ridisegnate dalla Giustizia domestica della Federcalcio. Parliamo di un campionato “farlocco”. Irrispettoso anche nei confronti di chi mette il gomito al “botteghino” per comperare il biglietto.
Il “fallimento” della categoria trascina, nelle responsabilità, il presidente Matteo Marani, incapace di porre sul tavolo proposte di nuovi progetti a tutela della sostenibilità, innovativi, accattivanti. Il tempo impone la necessità immediata e imprescindibile di una rivisitazione (al ribasso) dei partecipanti. Chi non riesce a sostenere gli attuali oneri di gestione deve mettersi da parte. “adattarsi” a un campionato semiprofessionistico, se non addirittura dilettantistico. Del resto il Consiglio Federale ha già cambiato una norma importante. I club inadempienti potranno “ripartire” da due categorie inferiori a quella dalla quale sono stati esclusi. Il messaggio è più che significativo.
Il sistema calcio non è in grado di “offrire” sostenibilità (professionistica) ai 60 club della serie C. I fatti dimostrano che il numero di chi si “schianta”, sul muro delle norme, va aumentando di stagione in stagione. Indipendentemente dal bacino d’utenza e dalla tradizione sportiva della piazza.
Per fermare questa “emorragia” si rende indispensabile l’uso del “bisturi” per una riforma radicale. E’ giunta l’ora che Gabriele Gravina tiri fuori le sue idee dai cassetti che le custodiscono. L’Italia del calcio non è in grado di “gestire” più di 60 club professionistici (nelle tre categorie) per il resto tutti semiprofessionisti, con notevole risparmi sugli oneri contributivi. Più in basso dilettantismo puro.
Quella attuale, una stagione disastrosa per la Lega Pro. Penalizzazioni in quantità industriale, in un solo campionato. Alcuni “scivoloni” clamorosi. Ternana, Triestina, Catania, Turris, Taranto, Rimini, Novara, a breve arriverà il deferimento per il Messina e per la Lucchese. Queste sono soltanto le punte dell’iceberg. Volendo “girare” la lama nella ferita potremmo disquisire anche su quei club che, per rimanere in vita, son dovuti ricorrere alla “ristrutturazione” del debito (ce ne sono alcune anche i serie B).
Solleveremmo un vespaio se volessimo poi “approfondire” su quei Presidenti che alle scadenze Federali onorano soltanto il pagamento degli stipendi ai tesserati con contratto depositato in Lega (per dribblare le penalizzazioni) e lasciano a piedi gli altri collaboratori (settore giovanile, segreteria, magazzino, lavanderia, stewards, slo ecc.). In buona sostanza quelli che rappresentano la base dell’azienda e tengono in piedi le “baracche”.
La crisi economica che ha “preso” per la gola la terza serie sta dando sempre più spazio, in diverse società, a una inqualificabile “debolezza” genitoriale. Un fenomeno che va espandendosi a macchia d’olio. Il genitore “sponsor” (gulp!). Quello che apre i cordoni della propria borsa in cambio di un minimo di minutaggio ed il cognome del suo “virgulto” griffato sulla maglia. Di necessità (economica) si fa virtù, si usa dire. Soltanto che taluni “esagerano” nei cosi detti “zainetti”. Capita allora di vedere scendere i campo dei “piccoli” obbrobri. Una offesa alla meritocrazia. Un danno per la qualità del gioco. Uno “schiaffo” alla riforma Zola, per l’utilizzo dei giovani.
Per Matteo Marani è un “dovere” conoscere queste “crepe” (negative) del sistema Lega Pro. Tra i suoi compiti vi è anche quello del controllo e della soluzione specifica. Della tutela delle categorie lavorative meno protette. Della tutela dello spettacolo (se così è possibile chiamare il calcio di questa categoria). Altrimenti oltre al suo ruolo vengono meno i principi ai quali si ispira il codice etico dell’azienda calcio.
La scadenza federale del 17 febbraio scorso passerà alla storia. Certamente in negativo per Turris e Taranto. Le smentite “risentite” dei diretti interessati lasciano il tempo che trovano. La procedura adottata dal Taranto per il pagamento, con modello f24, di tributi e contributi relativi ai mesi di settembre ed ottobre 2024, non sarebbe quella richiesta dalla legge. Si attende il prossimo 27 febbraio per avere il responso ufficiale della Covisoc.
Benzina sul fuoco nel futuro del Taranto. Che il prossimo 11 marzo il club è in ogni caso chiamato a risolvere altri problemi nel Procedimento per Liquidazione Giudiziale rinviato a quella data dal Giudice Delegato, presso il Tribunale di Taranto, dottor Italo Federici.
Che in ogni caso, anche nella più che remota ipotesi positiva, F.C. Taranto 1927 verrebbe nuovamente deferito alla Procura Federale per il mancato pagamento (il 17 febbraio) delle retribuzioni e degli oneri riflessi per i mesi di novembre e dicembre 2024, gennaio 2025. Sarebbe prevista una sanzione esemplare da scontare, ove fosse mai possibile, nella prossima stagione.
Che in virtù di quanto disposto dall’articolo 90, comma 4, delle Noif, la Covisoc, per il mancato rispetto della misura minima dell’indice di liquidità, ha da tempo disposto di non ammettere F.C. Taranto 1927 alle operazione di acquisizione delle prestazione dei calciatori sino al termine della stagione in corso. Quindi è inutile fare proclami, provocatori, sul possibile prossimo tesseramento di nuovi calciatori o il reintegro di altri che, peraltro, hanno fatto riscorso alla procedura di messa in mora.
Se ne deduce che, ammessa, ma non concessa la non veridicità delle notizie trapelate, F.C. Taranto 1927 Srl, in ogni caso, è ben oltre lo stato di crisi aziendale. Al punto che sarebbe opportuno, nel rispetto della città intera, che il soggetto indicato da Massimo Giove come futuro gestore di quel titolo rimanesse nell’ambito delle certezze.
Ricordando, al proposito, che la persona, che sollecitò Mark Colin Campbell a promettere ai tifosi la serie A, si chiama Rinaldo. Proprio quello che la città ha deciso, ieri, di “spedirlo” a casa. Guarda tu, alle volte, le concomitanze dialettiche.