Oltre 80 famiglie in bilico tra progetti temporanei e disoccupazione. Dal lavoro socialmente utile alla società partecipata fallita, ora attendono l’avvio del progetto “Green Belt”. Ma i ritardi burocratici prolungano l’emergenza sociale
Una storia ventennale di precarietà e resistenza quella degli oltre 80 lavoratori ex Isolaverde di Taranto, che oggi tornano a far sentire la propria voce contro l’ennesima interruzione del loro percorso lavorativo. La vicenda inizia nei primi anni 2000, quando questi lavoratori erano impiegati come “lavoratori socialmente utili” dalla pubblica amministrazione, con “turni di quattro ore giornaliere” e retribuzioni minime. Nel 2005, dopo intense mobilitazioni, ottengono l’assunzione part-time presso “Taranto Isolaverde”, società partecipata della Provincia.
Ma nel 2016 arriva la prima grave battuta d’arresto: il fallimento della società li costringe alla Naspi per due anni, seguiti da cinque mesi senza alcun reddito. Seguono tre progetti governativi della durata di 24 mesi ciascuno, intervallati da periodi di disoccupazione e sostegno Naspi, l’ultimo dei quali si è concluso nell’aprile 2024. Ora, nonostante sia previsto il loro inserimento nel progetto “Green Belt”, finanziato dal Just Transition Fund europeo, i tempi della burocrazia rischiano di lasciare questi lavoratori senza alcun sostegno economico fino all’inizio del 2025.
“Lo Stato e la Pubblica Amministrazione agiscono come ‘caporali’ – denunciano i lavoratori in una nota congiunta – chiamandoci con paghe minime, contratti a termine e abbandonandoci tra un progetto e l’altro”. Il gruppo ha già avviato nuove mobilitazioni, chiedendo l’attivazione di ammortizzatori sociali che possano garantire un reddito dignitoso fino all’avvio del nuovo progetto. “Un grazie anticipato a tutte e tutti coloro che sosterranno e solidarizzeranno con la nostra lotta perché uniti si vince e solo la lotta paga”, concludono i lavoratori.