di Vittorio Galigani
Matteo Marani, ottimo giornalista, non ha tra le sue doti la cultura del dirigente sportivo. Non ha intuito, non ha, forse non vuole avere, l’apertura mentale all’autocritica per ‘leggere’ che la Lega Pro ha esaurito il suo percorso. Il sistema si è evoluto. Su sessanta squadre soltanto un terzo è in grado di auto sostenersi
Il sistema delle Licenze Nazionali aveva posto in scadenza, per il primo luglio scorso, il pagamento dell’Irpef riferita allo mese di aprile, l’Inps di maggio, gli emolumenti, gli incentivi all’esodo e le figure obbligatorie di maggio. Oneri tutti ancora in carico a mensilità dell’ultimo campionato. Le difficoltà economiche accusate da Ternana e Triestina, già alla prima delle scadenze stagionali dimostra, una volta in più, la precarietà finanziaria che impera in Lega Pro.
Se questi sono i presupposti, viene da chiedersi cosa potrà accadere, in categoria, alla scadenza dell’uno di agosto, quando si dovranno pagare gli emolumenti di Giugno 2025 e ancora, al prossimo 16 settembre, quando le Società dovranno documentare alla Covisoc di aver provveduto al regolamento dell’Irpef di maggio e giugno, più l’Inps dello stesso ultimo mese.
La chiusura degli oneri finanziari, relativi alla scorsa stagione, avviene nel periodo peggiore per il Club di terza serie. Proprio quando, fermi i tutti i campionati, non sono previsti flussi di cassa sufficienti alla bisogna.
Le carenze in anteprima di Ternana e Triestina evidenziano l’inutilità di una terza serie che soltanto Matteo Marani e pochi altri, continuano a denominare professionistica.
La criticità economica della Lega Pro rischia di ‘partorire’ dei futuri disadattati. Giovani che, al termine della loro breve esperienza nel sistema calcio, avranno difficoltà di inserimento professionale nella vita di tutti i giorni. Oggi non si possono considerare professionisti soggetti con contratti che, al lordo, non raggiungono i trenta mila euro annuali. Contratti nei quali vengono a volte inserite clausole, anche contrarie ai regolamenti, nel tentativo, unico, di risparmiare qualche spicciolo sulla contribuzione e che, nel caso di risoluzioni anticipate, sono poi causa di controversie, sulla legittimità della loro corresponsione. Il riferimento è alle indennità di trasferta. Sono espedienti, da quattro soldi, che comunque evidenziano le difficoltà economiche della categoria.
Una categoria peraltro ‘avvelenata’ anche dalla presenza, inopportuna, di pseudo calciatori, di nessun contenuto tecnico, supportati da ‘particolari’ sostegni economici. ‘Aiutini’ che in taluni casi estremi si scoprono graditi al fabbisogno economico di qualcuno, come evidenziato dalla recente inchiesta di un noto format giornalistico.
Da questa logica perversa scaturisce che in terza serie non esiste la meritocrazia. I giovani giocano per la necessità, generale, di portare a casa il denaro rinveniente dal minutaggio (anche quella clausola dei 271 minuti giocati è superata ed ha dei contorni che oramai sanno di ridicolo). Lo stanno a dimostrare quei cambi, ripetitivi, effettuati in fretta e furia negli ultimi attimi di gara, solo per “agguantare” il minimo di presenze richiesto dalla norma. Una offesa, a livello umano, per il ragazzo che subentra, a tempo regolamentare quasi scaduto e spesso non riesce neppure a sporcare gli scarpini ed a ‘sfiorare’ il pallone.
Nel campionato di Lega Pro non esiste equità, di bacino d’utenza e di valore economico, di valori in campo perché chi ha l’obbligo di far giocare i giovani, per sbarcare il lunario, non può competere con proprietà che mettono sul banco budget milionari. Uno dei tanti motivi, per i quali l’attuale terza serie rappresenta un movimento obsoleto, è anche questo.
I campionati non possono essere falsati tutti gli anni per le continue e ripetitive inadempienze di taluni. Al proposito basta guardare a ritroso negli anni, per esempio, quante volte è saltato un club glorioso come quello della Lucchese. Una considerazione, questa, che non vale soltanto per i rossoneri toscani.
Matteo Marani, ottimo giornalista, non ha tra le sue doti la cultura del dirigente sportivo. Non ha intuito, non ha, forse non vuole avere, l’apertura mentale all’autocritica per ‘leggere’ che la Lega Pro ha esaurito il suo percorso.
Il sistema si è evoluto. Su sessanta squadre soltanto un terzo è in grado di auto sostenersi, più per le capacità finanziarie dei proprietari più facoltosi, che per la produzione aziendale dei club. Le nuove proposte di Marani, anche sul futuro utilizzo dei giovani, rappresentano palliativi. ‘Pillole’, potremmo chiamarle, che potrebbero semmai curare il mal di testa, ma che non saranno mai in grado di estirpare il ‘male’.
Alla ormai perenne criticità della sostenibilità, in Lega Pro, non c’è rimedio. Il sistema calcio italiano può permettersi soltanto 60 squadre professionistiche. In due differenti Leghe. Venti club in A e due gironi sempre, da venti compagini, per i cadetti. Al di sotto una terza Lega con tanto semiprofessionismo, apprendistato e dilettanti per risparmiare sul costo del lavoro che è quello che ha messo a in ginocchio l’attuale terza serie.
E l’attuale Lega Pro? Da commissariare. Immediatamente.


