Intervista all’onorevole, Biagio Marzo. “Quella jonica è una città speciale, ma vedo avanzare la dittatura dell’ordinario nella gestione amministrativa. Il Porto è una grande occasione sciupata. Con Emiliano, Decaro ha sbagliato”
Onorevole Marzo, come vede il futuro dell’Ilva di Taranto?
“Non lo vedo affatto. La siderurgia, nella città dei due mari, è finita. Taranto è l’emblema del declinismo italiano”
Si spieghi meglio.
“Il ministro Urso si è lavato le mani. Questo governo, a cominciare dalla premier Meloni, non capisce niente di politica industriale. Parliamo, mediamente, di gente sopravvalutata. Inadeguata ai ruoli ricoperti”.
Ma se tutti ripetono che la siderurgia è strategica per l’economia e la manifattura italiana.
“Se il sito pugliese fosse realmente strategico, il governo non scaricherebbe sugli enti locali la responsabilità della nave rigassificatrice. Ai miei tempi gli Esecutivi decidevano, non facevano il gioco delle tre carte. E poi le dirò di più”.
Prego.
“Perché nessuno racconta che gli azeri di Baku, interessati in un primo momento a rilevare l’Ilva, hanno acquistato con l’Eni, mediante una joint-venture, il Gruppo Api-Petrolio e Gas. Sono passati insomma, in poche settimane, dalla siderurgia al gas. Ma qualcuno pensa davvero che portiamo tutti l’anello al naso in questo Paese?”.
Intanto droni non autorizzati sorvolano la zona industriale; e, la Procura, ha deciso di aprire un’indagine.
“Non griderei al complotto, né allo spionaggio militare. La tecnologia utilizzata in Ilva è vecchia, superata. Non ha alcun rilievo, e interesse, tecnologico. A Taranto ci sono diverse imprese che producono questi apparecchi; a Grottaglie, poi, insiste lo stabilimento Leonardo. E inoltre i droni hanno seguito un tragitto ambientalista…”.
Tragitto ambientalista?
“Sì, se ci fate caso, hanno sorvolato le aree dello stabilimento più compromesse dal punto di vista ambientale”.
Il Porto poteva rappresentare un’alternativa economica, non crede? Si tratta dalla più importante infrastruttura cittadina.
“Poteva… dice bene. Lo scalo jonico è il più grande porto naturale del Mediterraneo. La risorsa che ricorda, più e meglio di qualsiasi altra cosa, l’antico prestigio sovranazionale di Taranto. Ma la mancata realizzazione dei dragaggi e, da ultimo, lo spudorato clientelismo operato dal ministro Salvini nella nomina dei commissari, lo hanno di fatto reso un gigante con i piedi di argilla”.
A novembre di quest’anni si voterà per le Regionali? Il centrosinistra ha un proprio candidato, il centrodestra ancora no.
“Il centrosinistra è impegnato nello scrivere il programma; il centrodestra, invece, ha già perso. Si è ridotto ai tempi supplementari di una partita che sembra non voler neanche disputare. Questo è il risultato che si determina quando non si possiede una classe dirigente. Quando non si hanno ramificazioni nella società civile. La destra pugliese è inqualificabile”.
Fosse stato Decaro avrebbe candidato Emiliano per il Consiglio Regionale?
“Certo che sì, Antonio ha commesso un colossale errore strategico su questa vicenda. In politica si opera per addizione, mai per sottrazione. E poi Michele è una grande personalità di queste ultime stagioni, non andava trattato così. Ad Emiliano rimprovero una cosa, però”.
Quale?
“Tolto lui, nel centrosinistra pugliese, non è cresciuta una classe dirigente degna di questo nome. In grado di accompagnare la successione, le fisiologiche fasi di passaggio, senza che le stesse fossero sottoposte a strappi e processi traumatici”.

Come giudica i primi 100 giorni da sindaco di Piero Bitetti?
“Piero è un ragazzo sveglio, simpatico, conosce l’arte della mediazione. Ma non colgo alcun colpo d’ala nella sua azione amministrativa. E’ come se ad accompagnarlo fosse la dittatura dell’ordinario. Una sorta di 6 politico. Spero si tratti, semplicemente, di una fase di rodaggio. Che presto si possa imprimere un’accelerata, un cambio di passo. Taranto non è una città come le altre: per la sua storia millenaria; per i conti che la modernità, qui più che altrove, sembra voler regolare ad ogni fase di passaggio”.
La sinistra italiana, la sinistra nella quale lei ha militato e che oggi racconta con i suoi libri e articoli, ha smesso di coltivare la profondità dei ragionamenti. Uno sguardo lungo, non stereotipato.
“Lei è persona acuta, intelligente a tal punto da porre domande insidiose. Questa sinistra non mi piace, insegue più il populismo che il riformismo. Ai suoi dirigenti interessa l’applauso e i like sui social, le non-cose alle cose. Ma la politica, come ci ha insegnato Rino Formica, è sangue e merda. Credo che, nei prossimi mesi, qualcosa avverrà. Dovrà per forza avvenire. Vedrei molto bene Paolo Gentiloni salire sul colle istituzionale più alto di Roma. Quello del Quirinale”.