De Palma (Fiom Cgil): “Non ci sono investimenti da parte della società”. Palombella (Uilm) “Una storia d’altri tempi lo Stato finanzia e il privato ne ricava benefici”. Roberto Benaglia (Fim Cisl) e Valerio D’Alò (Fim Cisl): “Una situazione di criticità e totale incertezza pesa sui lavoratori, sulla città di Taranto e sulla siderurgia italiana”
In merito alla vertenza ex Ilva insorgono i sindacati metalmeccanici Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm. Quest’oggi in un intervento in audizione alla Commissione Attività produttive della Camera, le segreterie nazionali hanno espresso timore per il futuro dello stabilimento invocando un cambio di governance.
De Palma (Fiom Cgil). “Noi riscontriamo il rischio ogni giorno più concreto di cessazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Questa condizione è data da elementi oggettivi e di fatto. Faccio riferimento alla lettera che è stata inviata dall’amministratore delegato di Invitalia nei confronti dell’azienda, faccio riferimento alle dichiarazioni rilasciate alla medesima Commissione dal presidente Bernabè, faccio riferimento allo stato della situazione che noi registriamo in questo momento all’interno degli impianti siderurgici, non soltanto quello di Taranto ma tutti gli impianti in Italia”. Lo ha detto il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma.
“Oggi – ha aggiunto – non ci sono gli investimenti necessari da parte della proprietà per il mantenimento e l’implementazione della produzione necessaria a tenere in equilibrio da un punto di vista finanziario ed economico l’azienda”. “L’obiettivo di 6 milioni di tonnellate sullo stabilimento di Taranto previsto dall’Autorizzazione integrata oggi è – ha concluso De Palma – lungamente sotto soglia e abbiamo una situazione degli altoforni che vede un progressivo spegnimento, quindi una progressiva riduzione della produzione nello stabilimento di Taranto, col rischio concreto quest’anno di attestarsi al di sotto dei 3 milioni di tonnellate”.
Palombella (Uilm): “Sembra davvero una storia di altri tempi: lo Stato finanzia e il privato ne ricava i benefici. Si può continuare a trattare con un Gruppo che non ha rispettato nessun impegno dal 2018 a oggi e che continua a condizionare un asset strategico del nostro Paese?È possibile che questo Gruppo possa gestire un eventuale processo di decarbonizzazione, senza aver dimostrato capacità e interesse per l’Italia?”. E’ il leader Uilm, Rocco Palombella, a presentare davanti alla Commissione attività produttive della Camera, una lunga lista di domande a cui non è stata data risposta come le ripetute denunce di inadempienza che “non sono state ascoltate”. Su cosa si basa il Governo “per ritenere credibile questo Gruppo?”, chiede. “Domani ci sarà l’assemblea dei soci. Nei mesi scorsi – ricorda Palombella – il Presidente Bernabè ha rassegnato le sue dimissioni, rimaste sospese per evidenti motivi, e forse da domani saranno effettive. Se domani il socio privato non si impegnerà a finanziare il 62% del fabbisogno richiesto da Adi, cosa farà il Governo? Deciderà di rescindere il contratto con ArcelorMittal per palese inadempienza e per i danni alle persone, all’ambiente e all’economia del nostro Paese?”. “Basta perdere tempo, occorrono decisioni chiare e immediate. È urgente un cambio di governance” invoca il sindacalista. D’altra parte, annota, “in un anno e mezzo il socio pubblico ha finanziato la società per oltre 1 miliardo di euro, che si aggiunge alle ingenti somme stanziate dallo Stato dal 2019 ad oggi per concedere la cassa integrazione a migliaia di lavoratori tra diretti, indiretti e in amministrazione straordinaria”. Una opposizione alla linea del governo dettata, spiega ancora Palombella, “da una gestione fallimentare” che si è tradotta in “rischi continui per la sicurezza dei lavoratori, l’assenza di un piano industriale, il mancatrilancio degli stabilimenti, livelli produttivi ai minimi termini, migliaia di lavoratori in cassa integrazione, il mancato completamento degli interventi di ambientalizzazione e l’elevata esposizione finanziaria nei confronti di fornitori e aziende dell’appalto”.
“Nonostante l’iniezione di ingente liquidità l’indebitamento di Acciaierie d’Italia supererebbe i 2,5 miliardi di euro. Da febbraio a oggi la situazione è peggiorata ulteriormente e a luglio l’azienda ha rischiato di fermarsi per il mancato pagamento del gas. Ancora una volta il socio privato ha continuato a chiedere soldi allo Stato con il solito ricatto occupazionale, senza mettere un solo
euro (a partire dai 70 milioni previsti a febbraio). E le argomentazioni sono le più disparate: dalla mancanza di bancabilità alla crisi pandemica, fino alla guerra e all’inflazione”, aggiunge
ricordando come al contrario “tutte le aziende siderurgiche, in Italia e non solo, registrano profitti straordinari. La stessa ArcelorMittal fa utili da record”. “Acciaierie d’Italia nelle condizioni attuali non potrà mai essere rilanciata e arrivare all’equilibrio finanziario, previsto con una produzione di 6 milioni di tonnellate”, denuncia ancora. “Da settembre la situazione è diventata drammatica. Il piano Urso è stato palesemente abbandonato e il Governo ha deciso di percorrere un’altra strada negoziando con ArcelorMittal un nuovo accordo e sottoscrivendo un memorandum rimasto segreto, non solo a noi ma anche al socio pubblico di cui abbiamo chiesto di conoscere il contenuto”. “Nel frattempo – ricorda Palombella – il socio privato continua a chiedere ulteriori fondi pubblici: si parla di oltre 300 milioni di euro, senza un suo impegno. Solo una sentenza del Tar della Lombardia ha scongiurato lo stop alla fornitura di gas fino al prossimo 10 gennaio. Si parla di un piano di decarbonizzazione di oltre 5 miliardi fino al 2030, con il socio privato alla guida. Nessuno è in grado, però, di spiegarci cosa succederà da oggi e fino alla realizzazione di questo libro dei sogni”.
Benaglia e D’Alò (Fim Cisl): “Una situazione di criticita’ e totale incertezza pesa sui lavoratori sulla citta’ di Taranto e sulla siderurgia italiana rispetto a questa vertenza che non puo’ piu’ essere tenuta in queste condizioni. Siamo davanti ad un vuoto pericoloso, il rischio e’ quello di perdere il principale polo siderurgico primario d’Europa con conseguenze sull’occupazione, sull’indotto, sulla filiera diretta degli altri stabilimenti e su una serie di attivita’ connesse che non possiamo accettare passivamente. Una situazione di incertezza che va assolutamente governata”. Lo affermano il generale Fim Cisl Roberto Benaglia e il segretario nazionale Fim Cisl Valerio D’Alo’, anche loro auditi in Commissione Attivita’ Produttive della Camera dei Deputati. “Chiediamo che il Governo assuma nei prossimi giorni un’azione – aggiungono – che forzi la mano alla multinazionale e che ci sia trasparenza nei confronti dei lavoratori e del ruolo del sindacato. L’assemblea dei soci prevista per domani non dovra’ essere un ulteriore dilazione dei tempi ma Arcelor Mittal dovra’ chiarire in modo chiaro e definitivo la sua volonta’ ad essere parte attiva degli investimenti o meno”. (AGI)