Negli Accordi e Dis-Accordi di Programma sull’Ilva non si racconta la verità. Il nostro è un dibattito farlocco. Adulterato. CosmoPolis vi spiega il perché
Dibattito adulterato. Classe dirigente non pervenuta. Chiacchiere molte, distintivi anche. La vicenda di Taranto è replicabile nel resto del Paese. Con fare eguale, senza soluzioni di continuità. Nella città dell’Ilva, dell’industria che uccide e si suicida, dei Dis-Accordi di Programma, delle ideologie novecentesche tornate a vociare in un estremo – e tradivo – colpo di coda, di Baku si e Baku no, non esiste alcun progetto finanziato dal PNRR che riguardi l’idrogeno. Una proposta pervenuta, in tal senso, dagli enti locali. Calata sul territorio dal Governo nazionale. Un’assurdità. Una vera e propria contraddizione in termini. La rappresentazione plastica di quanto farlocco sia il nostro dibattito attorno all’argomento.
Vorremmo produrre acciaio con sempre minor impatto ambientale, strizzando l’occhio ad un’ecologia sostenibile, green, e manchiamo l’appuntamento con l’idrogeno verde. Vorremmo portare le navi rigassificatrici nel Porto quando il gas potremmo produrlo da noi. Ma chi volete prendere in giro. La politica è inconsistente, la stragrande maggioranza dell’informazione è replicante. Il sindacato è un po’ l’uno e un po’ l’altra cosa. Per ovvie – e sperimentate – ragioni. Coltiviamo debolezze a tutti i livelli; restituiamo inconcludenza. In un interessante libro di qualche anno fa, il sociologo francese Edgar Morin parlò di “comunità di destino”. La sorte non sempre capitataci a sorte. L’Ilva di Taranto e la sua fila chilometrica di baggianate.