Intervista al presidente nazionale di Confapi, Cristian Camisa. “Il nerbo produttivo del Paese è rappresentato dalle piccole e medie imprese. Con la mia gestione ci sarà un vicepresidente con delega al Mezzogiorno”
Camisa, complimenti per la sua elezione a presidente nazionale di Confapi.
“Molte grazie”.
Quali saranno gli aspetti che caratterizzeranno la sua gestione nel prossimo triennio?
“Andrà completato, per prima cosa, il processo di definizione – e rilancio – del nostro modello industriale”.
Può essere più preciso?
“Nel nostro Paese il 90% delle aziende sono piccole e medie. Il nerbo produttivo risiede in questo dato statistico e storico al tempo stesso. Le politiche da mettere in campo non possono derogare da questa verità. Non più”.
A proposito di politiche di settore, “Industria 5.0” è una misura che soddisfa le vostre richieste?
“Assolutamente sì. Cosi come siamo contenti del rifinanziamento della nuova Legge Sabatini. E del varo di una Zes unica. Innovazione e digitalizzazione sono il presupposto per competere, ma serve dell’altro…”.
Cosa?
“Serve portare il costo dell’energia ai livelli di altri grandi Paesi europei. Le nostre imprese pagano il 50% in più di quelle francesi. E il 70% di quelle tedesche. Un’assurdità che mina il principio di competitività sui mercati internazionali. In questo modo il gioco è falsato sin dalle prime battute. Credo sia arrivato il momento, per l’Italia, di rivedere la scelta sul nucleare operata negli scorsi decenni”.
Dall’Italia si va via, per tentare la fortuna altrove. La chiamano fuga dei cervelli. L’8% dei nuovi laureati scegli di non restare. Un impoverimento culturale che colpisce l’intera vita sociale.
“Lei ha perfettamente ragione. E le sono grato per aver toccato un argomento al quale tengo molto. I giovani vanno remunerati con stipendi dignitosi. E responsabilizzati. Alla testa delle aziende. Alla guida delle Associazioni. Nei posti di comando tout court. E, invece, continuiamo ad essere un Paese gerontocratico. Un’altra delle anomalie tutta italiana”.
Qual è il suo giudizio sulla Legge di Bilancio varata dal Governo?
“Contempla aspetti positivi, penso all’attenzione mostrata sui conti pubblici. E alla possibilità che gli stessi possano essere tenuti sotto controllo. Manca, invece, una visione di lungo termine per quel che concerne la politica industriale. Noi di Confapi chiediamo la predisposizione di un Piano Marshall per la piccola e media industria”.
Il PNRR doveva farci svoltare e, invece, rischia di farci rimanere inchiodati al palo.
“Le risorse spese, in effetti, non hanno generato un effetto moltiplicatore. Abbiamo inseguito la progettualità ordinaria mancando quella strategica. Abbiamo, insomma, speso ma non investito”.
La nostra manifattura può fare a meno dell’Ilva? E a chi conviene sparigliare le carte sul tavolo, indicando un’Ilva del Nord e una del Sud come si è tentato di fare negli ultimi giorni?
“Il sistema Paese non può prescindere dall’avere una sua acciaieria. E dal produrre acciaio che sia, in egual misura, green e competitivo. Mi chiedo, considerate la crisi finanziaria che attanaglia gli impianti di Ilva, come mai non siano state destinate risorse del PNRR su questo tema? Noi non siamo, ideologicamente, contrari alla nazionalizzazione. Purché si abbia il buonsenso di nominare manager competenti, conoscitori veri della materia. E non improvvisatori amici degli amici. Purché, chiunque dovesse arrivare, offra garanzia e continuità produttiva alle imprese dell’indotto. Su un’Ilva del Nord e una del Sud, per restare alla sua domanda, chi alimenta differenzazioni di questo tipo è un’idiota”.
Permane una ‘Questione Meridionale’ nel nostro Paese. Ritardi e differenze di natura economica e sociale. Distorsioni mai risolte dall’Unità d’Italia ad oggi.
“E’ vero. Ma è altrettanto vero che, gli indicatori economici, hanno mostrato negli ultimi anni un grande dinamismo da parte del Mezzogiorno. Con la mia gestione in Confapi, avremo un vicepresidente con delega al Sud. Non c’è prospettiva per l’Italia se, invece che ricomposte, le sue fratture interne si acuiscono. Unico e indivisibile, questo è stato il lascito dei nostri padri costituenti. Rispettiamolo”.
Quanto è importante il ruolo dei corpi intermedi nel nostro modello di relazioni industriali?
“E’ fondamentale, direi irrinunciabile per una matura democrazia capitalista. Ai miei colleghi imprenditori suggerisco d’impegnarsi di più nelle associazioni di riferimento. Di battersi per i propri diritti. Di suggerire soluzioni tutti assieme. Non bisogna starsene soltanto nelle proprie aziende e invocare l’aiuto di un sindacato datoriale quando serve. Trattasi di una concezione vecchia, superata.
Le Confapi in Puglia. Quali i punti di forze ed, eventualmente, le debolezze da rimuovere?
“Sono molto contento di come la nostra organizzazione sta operando in una Regione fondamentale, e strategica, qual è la Puglia. Siamo presenti in tutte le province, merito del presidente Martino e della sua squadra. Stanno compiendo un gran lavoro. Vorrei ricordare però, a qualche nostro dirigente, quanto importante sia parlare la stessa lingua. Dotarsi di un principio di coordinamento. Specie quando si è convocati ai tavoli ministeriali. Il pluralismo non deve significare fughe in avanti. Condotte solitarie. Altrimenti si scivola nell’anarchia…”.


