Un quartiere abbandonato, periferia ultima della periferia. Per evidenti colpe di una politica inadeguata, di amministratori approssimativi e assenti. I problemi ambientali non si risolvono solo con le bonifiche; serve dotarsi della leva culturale. Come fatto per lo Zen di Palermo, le Vele di Scampia, si contatti Renzo Piano per un viaggio-studio a Taranto
La periferia ultima della periferia. L’appendice senza tempo di un intero rivolto altrove. Un luogo altro, abbandonato. Lasciato solo dinanzi al proprio destino. Attraversato dai drammi di una modernità senza lumi. Il quartiere Tamburi di Taranto è cartina di tornasole perfetta, fedele di questi tempi sfortunati. Approssimativi. Di una Taranto senza guida politica, votata alla sciatteria amministrativa. All’abbandono selettivo. Alla mediocrità apodittica. Inquinamento e malattia non si combattono solo con le bonifiche ambientali, mai sufficienti tra l’altro; e sempre, comunque, in colpevole ritardo rispetto al ruolino di marcia. Travalicano la mortifera diossina, sopravanzano i fumi inquinanti che riempiono i nostri polmoni e passeggiano indisturbati per le vie respiratorie. Serve le leva culturale per cambiare verso ad un sentiero già tracciato. Al cerchio che vuol farsi quadrato. Alla moglie ubriaca con la botte rigorosamente vuota. E ricongiungere la parte alla restante parte.
Serve, come proponemmo inascoltati qualche tempo fa dalle pagine (virtuali) di questo giornale, che Renzo Piano, il più grande architetto al mondo, possa posare il suo sguardo educato sul quartiere più controverso della storia italiana. Come già fatto per lo Zen di Palermo, per le Vele di Scampia. Senza la grande progettualità, la gestualità del grande nome, non ricacci il buio indietro. Nella notte che gareggia eternamente con il giorno. Servono biblioteche, parchi della musica, sedi universitarie in un quartiere che deve fare pace con la bellezza. Freni a tambur(i). Non quelli che i meccanici montano sulle auto. Freni nel senso di lacci, cordoni, impedimenti. Freni che lasciano afoni i Tamburi. Davvero un gran peccato.