sabato 17 Maggio 25

La dittatura del “circostante”

Giuseppe De Rita si esercita sulle pagine del Corsera in un’analisi non banale. E chiama tutti noi alla responsabilità della competenza. Al riserbo geloso da portare al nostro privato. Pena il delirio narcisistico di segretari (e lobbisti) promossi nel ruolo di decisori politici

La dittatura del circostante, per dirla con le parole del sociologo Giuseppe De Rita. Di ciò che ruota attorno mancando l’appuntamento con quanto resiste al centro. Una sorta di prevaricazione del di fuori sul di dentro. Del superfluo sull’essenziale. E’ questa la condanna che la contemporaneità ama infliggerci. Quando la competenza è messa spalle al muro, il delirio narcisistico occupa l’intera scena. Distorce la realtà, adultera la verità. E il privato diviene un eterno pubblico a digiuno di vergogna. La negazione dello stile e del suo educato esercizio. Una fotografia permanente – ed esibizionistica – del corpo denudato della propria anima. “Il mondo dell’opinione pubblica – scrive De Rita – diventa così un recinto di commento del ‘circostante’. E l’opinionista diventa un mestiere quasi ‘a la carta’. Ma ricorrendo il circostante non facciamo più cultura collettiva, coscienza comune, coesione sociale”. Ricorrendo il circostante scivoliamo nella confusione indistinta, nello sproloquio impettito. Ed eleviamo l’emissario di partito, il lobbista (o aspirante tale), i collaboratori zelanti a decisori dei destini collettivi.

“Capire il ‘circostante’ – argomenta il fondatore del Censis – per fare cultura politica e programmatica; e soprattutto controllare i ‘circostanti’ per poter fare quotidiana applicazione del potere reale, sono queste le due sfide su cui poter creare una classe dirigente adatta al mondo che viviamo. Altrimenti ne avremo una che rincorre le circostanze giornalistiche e resta insieme prigioniera degli ambienti di cui si è circondata”. Per tenere a bada i circostanti – e arrestare il declino del progetto, del programma non instupidito dall’ordinario – andrebbe combattuta la moltiplicazione degli opinionisti (soprattutto televisivi) come risultato di una moltiplicazione di oggetti da commentare.

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