Intervista a Grazia Lillo, responsabile operativa della scuola nata ad aprile di quest’anno. “L’egemonia culturale? Mi piace più pensare ad una cultura che faciliti la libera circolazione delle idee”
Grazia Lilla, come nasce l’idea di far nascere ‘Forma e Informa’: una scuola di formazione politica su base provinciale?
“La scuola è nata ad aprile di quest’anno, grazie ad un’intuizione dell’onorevole Giovanni Maiorano. In soli pochi mesi di attività abbiamo già raccolto 220 iscritti: giovani interessati alla politica tout court. E residenti nei diversi comuni della provincia tarantina”.
Sfatata l’equazione errata quindi, e sin troppo generalizzante, che porta a considerare i giovani poco interessati all’impegno politico?
“I giovani si distanziano, come del resto chiunque di noi, da ciò che vivono come lontano ed estraneo alla propria sfera d’interessi. La politica smette di essere incomprensibile e astrusa quando viene spiegata, vissuta. Quando ricerca soluzioni più che facili protagonismi. Quando, grazie alla libera circolazione delle idee, coinvolge. E porta in superficie passioni più o meno sopite”.
Nella sua veste di responsabile operativa di ‘Forma e Informa’, come approccia al tema della competenza del nostro ceto politico?
“Non esiste politica, una qualsivoglia idea d’impegno pubblico, senza competenza. Einaudi sosteneva che, senza conoscenza, non si potesse deliberare. Una scuola di formazione politica mira proprio a questo: ad aumentare il sapere specialistico. Perché il Paese possa dotarsi di classi dirigenti sempre più attrezzate nell’accettare le sfide di un mondo complesso e diversificato”.
La scuola è aperta soltanto ai giovani di Fratelli d’Italia?
“La scuola è aperta a chiunque voglia iscriversi ai nostri corsi, senza distinzione alcuna. Pensi che molti docenti, divulgatori dei nostro moduli, sono di sinistra”.
Oltre ai giovani chi partecipa alle vostre giornate di studio?
“Molti cittadini comuni, diversi amministratori pubblici. E’ come se uno spirito di partecipazione attiva finisse con il coinvolgere, e attraversare, competenze ed età diverse. Tutto questo c’inorgoglisce molto”.
Quali sono i temi affrontati – e divulgati – in questi primi sette mesi di attività?
“Siamo partiti con un modulo sulla Costituzione italiana, abbiamo affrontato poi la questione della contabilità negli enti locali, del processo legislativo nel Parlamento europeo e della comunicazione pubblica. Nonostante la stagione estiva, il nostro lavoro non ha subito interruzioni. E abbiamo già predisposto un ricco programma per i prossimi mesi”.
Lei crede all’egemonia culturale? Espressione sulla quale si sono esercitati, con alterne fortune, sia Antonio Gramsci che Giovanni Gentile?
“La parola egemonia mi convince poco, la ritengo abusata, per certi versi anche inflazionata e strumentalizzata. Credo, invece, nel potere di una cultura che favorisca la costruzione di un pensiero forte. In una cultura che accompagni il processo decisionale, la sensibilità istituzionale. Ma, questo genere di cose, non si genera dall’oggi al domani. Con strappi repentini. Necessita di tempo, di rapporti costruiti con sudore e fatica. Di relazioni sociali ai diversi livelli. Servono le scuole di formazione. Servono esempi come quello di Forma e Informa”.