Niente capienza a 16 mila posti, niente nebulosi project financing, niente concessioni a babbo morto di 99 anni. Niente, insomma, sogni che rischiavano di tramutarsi in incubi. Il commissario Ferrarese ha scelto. Meno male. Nonostante Melucci
La decisione è stata presa. Si tratta di una scelta dettata dal buon senso. Dell’unica, vera possibilità praticabile. Taranto avrà uno stadio per i Giochi del Mediterraneo degno di questo nome. Uno Iacovone che sarà un piccolo gioiello dell’impiantistica sportiva tricolore. Non servirà costruirne uno nuovo, inseguire nebulosi project financing, rilasciare concessioni di 99 anni che persino l’intelligenza artificiale avrebbe difficoltà a capire (anche perché non ci sarebbero i tempi tecnici per farlo), ma innovare nella tradizione quello esistente. Seguire la prassi dell’ammodernamento conservativo, in modo tale da rendere l’impianto del rione Salinella tra i più efficienti del Paese. Con una copertura che finirà per riguardare tutti i settori, senza soluzione di continuità: tribuna, curve e distinti. Con tempi di consegna che non superino un anno di lavori, nella peggiore delle ipotesi, dalla posa della prima pietra. E con una capienza ben al di là della soglia di depressione collettiva dei 16 mila posti. Non meno di 25 mila ingressi, alla fine, per una tifoseria, una città e la sua provincia, che vogliono coltivare il sogno di disputare in futuro campionati meno anonimi rispetto a quelli attuali. Sogno che nessun sindaco, nessun amministratore, neanche chi non avesse a cuore il calcio pur interessandosi all’improvviso di cose di calcio, può arrogarsi il diritto d’infrangere sulla scorta di convincimenti personali. E di stizzite prese di posizione sconfessate dall’inerzia parolaia, dall’inconsistenza operativa di tutti questi anni. I Giochi del 2026 non dovrà più organizzarli – e gestirli – il sindaco di Taranto. Spiace che Melucci non l’abbia ancora capito. Che s’intestardisca nel rivendicare un ruolo che oggi appartiene ad altri. Ha avuto la sua occasione, non l’ha saputa sfruttare. Capita. Se ne faccia una ragione, però, adesso. Difficile poi immaginare che chi non riesce a nominare una giunta, dopo circa venti giorni di crisi amministrativa al buio, possa intestarsi la realizzazione di un evento sportivo così ambizioso e complesso. Andare via dallo Iacovone, mostrasi poco educati con gli ospiti arrivati da fuori, perché in lontananza s’intravedono due telecamere in croce, è un errore nel quale può incorrere solo chi non ha mai frequentato lo Iacovone.


