Massafra boccia il suo ex sindaco, Fabrizio Quarto, negandogli il pass per sedere in Consiglio regionale. Questa volta la faccia del bravo ragazzo, i modi felpati, non hanno sortito gli effetti sperati. Siamo al quarto d’ora di notorietà e niente di più
Fine della storia per Fabrizio Quarto. Di colui che, in ossequio al nomen omen, al nome spia del proprio destino, traccia dei nostri desiderata, chiude qui la propria parabola pubblica. All’insegna della politica di Quart’ordine. Prima sfiduciato come sindaco di Massafra; dopo bocciato alle consultazioni regionali di domenica e lunedì scorsi. Nel bel mezzo: il vuoto pneumatico delle idee. Del protagonismo (esasperato) orfano del consenso, celato nelle buone maniere interessate. In grado di depistare gli astanti con la faccia del bravo ragazzo; e il talento purissimo dell’inconcludenza.
Quarto arriva quarto anche quando si piazza terzo nelle liste elettorali. Un vero caso umano. Oltre il quarto d’ora di notorietà non sa proprio spingersi. Superato da Giuseppe Fischetti, il sindaco della piccola Fragagnano sino all’altro giorno; umiliato da Giuseppa Bove. “Decaro presidente”, il contenitore che doveva aprirgli le porte del Paradiso, pardon della Regione Puglia, lo lascia invece per strada. Nella sua Massafra in luogo degli scranni del Consiglio regionale. A rimuginare sulla sconfitta patita.
I sistemi elettorali non mentono mai. Tanto che si tratti del proporzionale, più o meno puro, quanto che si discorra del maggioritario (uninominale a turno unico o a doppio turno). Premiano – o bocciano – a seconda di come si è operato. Della risposte amministrative offerte. Della capacità politica mostrata nel tempo. Della sintonia costruita con il proprio popolo di riferimento. Non serve essere grande un quarto. Neanche in questa Seconda – o Terza – Repubblica degli equivoci. Con le quarte figure assurte ai posti di comando.


