di Erasmo Venosi
I richiami (finalmente) dell’Europa, il mancato rilascio dell’Aia, le considerazioni sganciate dalla realtà del ministro dell’Ambiente. Perché l’Ilva di Taranto continua ad essere una ferita aperta: non solo per la città pugliese, ma per l’intera nazione? Brevi considerazioni che potete leggere solo su CosmoPolis
Un giornale finanziario italiano, senza alcuna vergogna, retrocede la messa in mora dello Stato italiano per continue e reiterate violazioni della direttiva sulle emissioni industriali nello stabilimento ex Ilva di Taranto. La Commissione richiama, senza giri di parole, le istituzioni nazionali competenti che “non considerano l’impatto degli impianti sulla salute umana e (…) non tengono conto di tutti gli inquinanti nocivi emessi dall’impianto al momento del rilascio delle autorizzazioni”.
Finalmente parole chiare, rispetto a valutatori di commissioni che pospongono la centralità e priorità della tutela della salute nella VIA (art. 4 punto 4b codice ambiente) e nell’AIA (art. 5 testo unico come modificato dal DLvo 46/2014) la cui finalità è prevenire l’inquinamento, inteso come “introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi (art. 5 comma 1 lettera ì ter Codice ambiente).
La lettera di costituzione in mora, notificata dalla Commissione Ue sul tema ex Ilva riguarda fatti pregressi sui quali lo Stato italiano ha già provveduto da anni, attraverso ingenti investimenti, rendendo la fabbrica pienamente rispettosa della normativa Ue sulle emissioni industriali.
L’unico elemento di novità è costituito dagli effetti dalla sentenza pronunciata il 25 giugno 2024 dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) nella causa C[1]626/2 che impone, com’è noto, un’autorizzazione Aia comprensiva dei profili sanitari. Basterebbe citare i 700 provvedimenti attuativi delle 470 prescrizioni per il rinnovo dell’Aia attualmente sul tavolo del ministro dell’ambiente e il delitto di autorizzazione all’uso del carbone per 36 mesi .
A tal fine diventano bugie le dichiarazione che i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia hanno discusso con gli azeri per chiudere la trattativa entro giugno con sostituzione del carbone con il gas del TAP? Invece di sperperare 30 miliardi per il progetto alta velocità Salerno/Reggio Calabria esistendo l’alternativa di 5 miliardi, tra l’altro oggetto di approvazione da parte del Cipe o 13 sul Ponte o 10,6 per alta velocità Palermo/Catania/ Messina con l’acqua potabile erogata una volta la settimana, in molti paesi siciliani ne basterebbero 10, per un progetto meno peggio.
Premesso che il settore siderurgico è responsabile dell’8% delle emissioni globali, per ridurre l’impronta carbonica la svedese H2 Green Steel ha investito 5 miliardi di dollari per far nascere la prima acciaieria verde al mondo. Come? Fonti rinnovabili per produzione di energia, idrogeno verde attraverso elettrolizzatori. Risulta da riviste specialistiche che altre imprese stanno investendo nell’acciaio “sostenibile“, come la Boston Metal e Iberdrola.
La stessa Arcelor Mittal ha avviato, nel suo stabilimento di Amburgo, la produzione di acciaio con idrogeno verde, mentre la joint-venture SSAB-LKAB- Vattenfal si sono riunite nel progetto Hybrit con l’obiettivo di sostituire su scala industriale il carbone con l’idrogeno verde.
Riconvertire l’Ilva, passando dalla produzione basata su altoforni a carbone alla tecnologia a idrogeno verde, ci vogliono 11 miliardi di euro, stima fatta da ECCO think tank italiano dedicato alla transizione energetica e al cambiamento climatico. La sua missione è quella di accelerare l’azione climatica in Italia e nel mondo. Palesemente insostenibile per privati o Stato. Una proposta alternativa fatta ai commissari dal Prof. Zorzoli e pubblicata sulla Staffetta Quotidiana, prevede dual fuel biometano , fotoagrivoltaico “per produrre, con un elettrolizzatore avente l’efficienza disponibile commercialmente a fine decennio, l’idrogeno richiesto per completare la decarbonizzazione del processo di riduzione dei minerali di ferro”.
Resta sullo sfondo la triste realtà tarantina di morti, malattie gravi e infortuni mortali sul lavoro. Si potrebbero scrivere libri sul rapporto “Ambiente e lavoro” in occasione nella ricorrenza dei 10 anni della L 68 sugli Ecoreati, che ha introdotto una specifica norma nel codice penale che comporta sanzioni penali gravi in caso di impedimento del controllo sia in campo ambientale che di sicurezza lavoro.
In Commissione Ambiente della Regione Puglia, mesi fa, i rappresentanti di Peacelink hanno denunciato gli sforamenti da biossido di azoto da parte di Ilva e di cianuri e fenoli provenienti dalla cokeria. I rappresentanti di Peacelink, con buona pace di Urso e Picchetto Fratin, affermano che lo stabilimento è “molto lontano da quella ‘ambientalizzazione’ di cui si parla da anni e a sproposito”.