di ALESSANDRA MICELLI
A pochi giorni dalla cattura del super latitante Matteo Messina Denaro si celebra la vittoria della giustizia. Ma vale lo stesso discorso per chi delinque con armi diverse?
All’indomani dell’arresto di Matteo Messina Denaro, il numero uno di Cosa Nostra latitante da trent’anni, si celebra con straordinario entusiasmo la vittoria della giustizia, la dimostrazione ultima che prima o dopo, in un modo o nell’altro, chiunque pagherà per i propri peccati.
Non importa chi tu sia, non importa quanto fitta sia la rete dei tuoi fedelissimi, non importa quanti e quali magheggi ti consentano di sfuggire al tuo destino, prima o poi dovrai espiare le tue colpe.
Per usare le parole di Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, se delinquo “devo sapere che possono passare anche trent’anni, ma mi arresteranno, così ci penso due volte a delinquere”. E come dargli torto.
Non vale lo stesso discorso, però, per chi delinque con armi diverse. Lo dimostra il decreto salva-Ilva per cui oggi cittadini, associazioni, movimenti e sindacati sono riuniti sotto la Prefettura per ricordare che chi sbaglia deve pagare. E non solo se si chiama Messina Denaro.
Il decreto, come ha spiegato l’’europarlamentare Rosa D’Amato, “istituisce un nuovo scudo penale per l’Ilva ed esautora la magistratura colpevole di aver ribadito la sua contrarietà al dissequestro degli impianti inquinanti e pericolosi per la salute”. Un decreto che, commenta PeaceLink, “dopo la sentenza di Ambiente Svenduto, suona come una dichiarazione di guerra alla magistratura che sta indagando nuovamente”.
Proprio ieri, il direttore del Foglio Claudio Cerasa, ha condiviso sulla sua testata una riflessione inoppugnabile: suggeriva, in estrema sintesi, che le inchieste eterne non sono l’emblema di una giustizia eroica ma l’emblema di una giustizia incapace, nonché una “incredibile forma di ingiustizia”. Cerasa non parlava né dell’Ilva, né di Messina Denaro, ma ci prende in entrambi i casi.
Paragonare l’Ilva e Messina Denaro sarebbe ovviamente un esercizio barbaro, e la vicenda Ilva ha talmente tante diramazioni e sfaccettature, nelle sue cause e nelle sue conseguenze, che sintetizzarlo in questo modo dimostrerebbe senz’altro grande incapacità di chi legge, ma ancor più di chi scrive.
Ma le morti sono sempre morti, e le colpe (quando ci sono) non possono non essere pagate. In nessun caso.