di Vittorio Galigani
Una terza serie di 20 squadre raggrupperebbe club tanto titolati quanto finanziariamente sostenibili. In grado di confrontarsi alla pari tanto sulla gestione economica che sull’organizzazione aziendale
La Federcalcio ha pubblicato i compensi versati agli agenti sportivi nell’anno 2024. Gli importi sono quelli comunicati dalle Società. Quelli riguardanti il girone C della serie C sono da “brividi”, centinaia di migliaia di euro. Dai 545 mila del Benevento passando ai 463 del Catania o i 287 dell’Avellino ai 98 mila del Monopoli. Otto club “ballano” tra un minimo di 100 ed un massimo, appunto, di 500 mila. Considerando che il compenso, per gli Agenti sportivi, è del 5% sul lordo percepito dal calciatore, i conti sono presto fatti.
Sono cifre assurde, considerando che la Fidejussione di 350 mila euro, richiesta dalle norme per la garanzia campionato, copre retribuzioni lorde dei tesserati sino al limite massimo di 1 milione. E poi si disquisisce sulla “smarrita” sostenibilità della categoria.
Ha ragione chi (Gravina) da tempo sostiene che la terza serie professionistica non può contare più di 20 squadre, per una carenza di criteri di equità tra chi può e chi non può. Fermo restando il concetto che anche chi oggi spende oltre i 10 milioni di euro a stagione (e ce ne sono diversi) per tentare il salto di categoria, con il passare infruttuoso degli anni, arriverà a “stanchezza”, stufo di ricorrere al patrimonio personale per coprire ripetute perdite di esercizio e ricapitalizzazioni. Contando, come racconta un detto marchigiano che “a cavà e non mette, viene il male del secco”. Per tutti indistintamente.
L’esempio più calzante, nella stagione del campionato più farlocco di sempre, lo offre l’Avellino che, sconfitto tra le mura amiche dal “disastrato” Taranto, nonostante gli importanti investimenti per comporre, a suon di quattrini, una rosa competitiva. Gli Irpini sono ora proiettati verso la promozione di serie B, con un vantaggio minimo, certamente per il crescendo della squadra, ma anche per una classifica assurda, stravolta nei numeri, che penalizza più gli avversari (Cerignola) che i biancoverdi.
Un segnale forte per accelerare la riforma. Una terza serie di 20 squadre raggrupperebbe club tanto titolati quanto finanziariamente sostenibili. In grado di confrontarsi alla pari tanto sulla gestione economica che sull’organizzazione aziendale. Rispondenti a quei canoni, più stringenti, recentemente posti in essere, con decorrenza immediata, dai vertici federali in grado di sparigliare equamente un girone (da sottrarre alla gestione della Lega Pro) per di più realmente appetibile ed accattivante per piattaforme televisive e sponsor. Un campionato avvincente che potrebbe mettere a confronto Trapani con Trieste. Giusto per fare un esempio. Si eviterebbero così le pessime figure del presente, attribuibili anche alla “inesperienza” della gestione Marani forse troppo sensibile a consigli di parti interessate piuttosto che preparate. Ricordo i rimproveri di Mario Macalli ai “suoi” presidenti di allora: “Chi non ha gli sghei non può fare calcio”. Una espressione ancora oltremodo attuale.
Ed allora al di sotto di quel girone a 20 (di elite) tanto semiprofessionismo, tanti giovani, tanti contratti di apprendistato. Quattro gironi da “aggiustare” nei dettagli con un importante risparmio sulla contribuzione. L’unico “sostegno” per abbattere il più possibile il costo del lavoro per rendere la gestione finanziaria più sostenibile. Con un meccanismo rinnovato per quanto attiene alle promozioni ed alle retrocessione, rispettoso certamente del risultato del campo, ma particolarmente attento, nel rilascio delle Licenze Nazionali, all’equilibrio tra costi e ricavi ed alla salute del bilancio.
Giusto che all’atto delle iscrizioni si dimostri l’avvenuto pagamento di retribuzioni, oneri riflessi, debiti verso Lega e Società consorelle della stagione appena conclusa. In molti si fermeranno al palo. Altri comprenderanno quanto sia determinante rimanere nei canoni della correttezza amministrativa.
Con un’idea provocatoria, neppure tanto se si approfondisce l’argomento. Come già si fa per tutte le figure previste dalle Licenze Nazionali, corsi periodici (obbligatori) di aggiornamento anche per i Presidenti soprattutto per quelli che si fanno prendere la mano dalla passione, che vivono soltanto per il risultato. Che vivono dell’applauso delle curve, ma non rispettano le norme. Quelli che pensano di “dribblare” i regolamenti e che si possano ancora fare i giochi di prestigio con le poste di bilancio.
Taranto e Turris sono finite malamente nel “cestino”. La Lucchese è su quella strada. L’inaspettato arrivo di Benedetto Mancini non ha rassicurato i toscani. Messina vive una stagione tormentata. Ternana e Triestina non brillano per gestioni esemplari. Il “crocevia” di fine aprile regalerà altre inaspettate sorprese contenute nelle “uova” pasquali. “Questa” terza serie, nel concetto attuale, non ha più motivo di esistere.