di Vittorio Galigani
Una situazione anacronistica quella del Taranto Calcio al di la della testardaggine e degli errori commessi da Massimo Giove, insensibile ai consigli di chiunque. Iniziati con quel contratto triennale, faraonico, offerto a Capuano. Decisione assurda presa con il paraocchi perché da lì sono realmente iniziati i guai. Sapendo a priori che l’avvicinarsi dei Giochi del Mediterraneo e la ristrutturazione dello Iacovone avrebbero condotto allo sfratto della squadra dal proprio habitat naturale, quantomeno per un paio di anni, provocando una irreversibile crisi generale. Economica, sportiva, organizzativa e logistica
Si è riaperto da pochi giorni il calciomercato invernale. Quello delle “figurine”. Una tradizione consolidata negli anni, in serie C. A cavallo dei due gironi. Una sorta di esame di riparazione (per direttori sportivi ed allenatori) alle scelte iniziali “sbagliate”. All’insegna del “bambole non c’è una lira”. In una categoria falcidiata dalla carenza di disponibilità economica. Fatta prevalentemente di scambi e di scommesse tecniche, soprattutto per calciatori “bocciati”, da un rendimento insufficiente. Quelli che hanno tradito le aspettative nella prima metà della stagione, o per quelli dal contratto “extralarge”. Magari in avanti con le “primavere” vissute. Con poco minutaggio sulle gambe. Ma con alle spalle una carriera “importante”. Nomi insomma. Che comunque riempiono sempre occhi e bocca alla platea, solo apparentemente.
Un mese di tempo per definire lo scambio delle così dette “figurine”. A una per te, una anche per me. Magari con il retrogusto di un “presente”, offerto in via riservata, a quelli che in gergo si chiamano “orfanelli”. “Sacrifici” (chiamiamoli così) ai quali si sottopongono volentieri diversi presidenti, pur di liberarsi di “pacchi” onerosi ed obsoleti. Che diversamente non avrebbero attrattive di mercato. E così l’omo campa. Come è d’uso dire. Anche in questo settore.
A latere, comunque, anche un calciomercato “diverso”, basato sulla buona disponibilità finanziaria di taluni presidenti ma irrealizzabile sulla concretezza dei movimenti. La vedo dura, per esempio, che l’ambizioso presidente del Trapani, Valerio Antonini, decida di privarsi del principe dei “bomber” del girone, Facundo Lescano anche in presenza di un corrispettivo importante. Al tempo stesso impossibile che D’Agostino presidente dell’ Avellino o Macchia del Potenza cedano alle lusinghe di un trasferimento a una avversaria diretta, pur con cifre a sei zeri, rispettivamente per Patierno o Caturano. Fantasie di un calciomercato malato in mano alla scaltrezza dei procuratori, dove i calciatori di prima fascia in circolazione “viaggiano” con contratti dai valori economici impossibili, per la sostenibilità della categoria.
Un calciomercato oneroso, qualitativamente limitato, al quale, per solidità finanziaria, può accedere soltanto una minoranza dei club della terza serie. Senza che nessuno possa sentirsi offeso. Un esempio su tutti. Ammirevole il senso di appartenenza del Picerno. Con una proprietà pur solida, ma consapevole che rappresenta al meglio quella piccola cittadina appollaiata sull’appenino lucano. Consapevole, dicevamo, di una realtà che mai potrà porre la squadra rossoblu ai vertici della categoria. Più per dimensioni civiche che per consistenza patrimoniale.
Una selezione naturale che comunque coinvolge anche Club che rappresentano capoluoghi importanti, anche per tradizione sportiva, ma succubi di gestioni finanziare “allegre”, per non dire dissolute, tanto da non essere assolutamente in grado di sostenere/mantenere la categoria. Gli esempi negativi, soprattutto in questa stagione, sono sotto gli occhi di tutti. Per i molteplici deferimenti e per le tante penalizzazioni comminate, a più Società, per inadempienze regolamentari. Tre gironi le cui classifiche, a fine campionato, risulteranno essere “farlocche”.
Da qui l’inutilità di insistere con una Lega Pro a sessanta squadre. Il susseguirsi degli eventi negativi sta dimostrando la necessità di giungere, quanto prima, alla determina di una riforma radicale del sistema. E non solo per la terza serie.
In un passato più o meno recente di segnali negativi se ne sono avuti diversi. La lista delle città in cui il calcio è dovuto ripartire dal basso è notevole. Capitò alla Fiorentina. Successe al Napoli. Non è stato esentato il Bari. Come a Catania e Palermo. La più recente l’Ancona.
Nella serie C di quest’anno soffrono in tanti. Alle già penalizzate Triestina, Ternana, Catania, Turris e Taranto si sono recentemente aggiunti i deferimenti di Novara e Rimini. La conferma della precarietà economica della categoria.
Nel presente i quadro più preoccupante riguarda il Taranto. Alle duplici penalizzazioni si è aggiunto un recente ulteriore deferimento. Previsti altri addebiti alla già magra classifica. Con l’aggiunta delle rivendicazioni economiche dei calciatori, che hanno attivato la procedura della messa in mora. Il 14 gennaio prossimo è stata altresì fissata una udienza prefallimentare innanzi al tribunale. Una corsa contro il tempo. Il club non rischia soltanto la retrocessione.
Una situazione anacronistica. Al di la della testardaggine e degli errori commessi da Massimo Giove, insensibile ai consigli di chiunque. Iniziati con quel contratto triennale, faraonico, offerto a Capuano. Decisione assurda presa con il paraocchi perché da lì sono realmente iniziati i guai. Sapendo a priori che l’avvicinarsi dei Giochi del Mediterraneo e la ristrutturazione dello Iacovone avrebbero condotto allo sfratto della squadra dal proprio habitat naturale, quantomeno per un paio di anni, provocando una irreversibile crisi generale. Economica, sportiva, organizzativa e logistica.
Aggravata, in parte, con l’imprevedibile danno provocato dai tifosi del Foggia alla curva sud. I mancati incassi, la fuga degli sponsor, i disagi nei rapporti con le Istituzioni territoriali e nazionali. Il disinteresse assoluto del Comitato organizzatore dei Giochi del Mediterraneo, del Coni, della civica amministrazione, dei vertici della Lega Pro.
Si aggiunga l’incapacità, dimostrata, di gestire entro i limiti della propria disponibilità economica, con costi ben oltre il budget previsionale. Lasciando spazio, senza intervenire, a chi rilasciava dichiarazioni non rispondenti alla realtà sui costi del lavoro e della contribuzione. Del resto l’ingente massa debitoria del presente certifica ampiamente ed amaramente quanto sopra.
Nel dare il colpo di grazia, alla situazione di per se già pesante, si sono resi protagonisti Mak Campbell ed il suo entourage. Favoriti dalla credibilità costruita attorno al personaggio dal Sindaco Rinaldo Melucci e dal suo vice Gianni Azzaro.
Campbell si è saputo spendere, per il suo tornaconto, approfittando dell’accoglienza del primo cittadino. Ha promesso ruoli a destra ed a manca, accattivandosi così le simpatie di un gruppo di “adepti” interessati, che gli hanno costantemente fatto la ruota. Un fuoco di paglia perché non ha però onoratogli impegni assunti. Nei termini sottoscritti non ha pagato. Vale per le scadenze di ottobre quanto per quelle di dicembre. Pur essendo stato ufficialmente nominato responsabile di gestione con un andirivieni di notizie improbabili. Glissando a più riprese sulla sostituzione, mai avvenuta, di una fidejussione. Facendo di fatto saltare il trasferimento a Apex delle quote di maggioranza, tutt’ora in capo alla famiglia Giove. Una trattativa morta prima ancora di iniziare che ha provocato una perdita di tempo incolmabile. Una “pagliacciata” con avviso. Tanto da chiedersi quale era il suo scopo, cosa sia venuto a fare.
Peccato, perché la crisi, per il tempo a disposizione, nel mese di ottobre, poteva essere superata ricorrendo allo stato di crisi. Utilizzando esclusivamente il flusso di liquidità di cui l’azienda dispone.
Ora è tutto più difficile. Perché lo stato di insolvenza, peggiorato per gli ultimi accadimenti, è di facile dimostrazione. Ed oggi è divenuta veramente una corsa contro il tempo. La prossima settimana scadono i termini per pagare i calciatori che hanno attivato le procedure della messa in mora ed il 14, salvo un rinvio auspicabile, si terrà una udienza prefallimentare presso il tribunale di Taranto.
Con una amara conclusione, estemporanea, al proposito, l’uscita di Massimo Ferrarese nominato dal Governo Commissario speciale ai Giochi del Mediterraneo. Una inconsistente “chiamata” a raccolta per gli imprenditori dell’indotto. Dimenticando che la crisi del siderurgico a “steso” tutti a terra prosciugandone le risorse. Diverso poteva essere il suo intervento se, a livello istituzionale, si voleva concretamente salvare la locale squadra di calcio. Il Taranto, a parole, lo vogliono salvare tutti, ma il denaro non lo “esce” nessuno.
A quanto pare neppure questo avvocato Di Stefano, ultimo di una lunga serie, che si propone spesso, ma a suono di comunicati stampa. Non con i soldi sul bancone. Con una provocazione: ove sia realmente ispirato da buoni propositi e da una provvista concreta, depositi quel milione di euro da un notaio, vincolato alla messa in sicurezza di F.C. Taranto 1927 Srl. Poi chiami il suo interlocutore alla firma. Lo metta alla prova. Ma lo faccia in tempi brevi, che il tempo massimo concesso, per salvare quel titolo sportivo, sta per scadere!