di Vittorio Galigani
Lo sbaglio più grande, attribuibile a Massimo Giove, è quello di non aver voluto e saputo comprendere per tempo. Di non essersi tempestivamente adeguato (testardamente) alla situazione di crisi (economica e strutturale) che stava lievitando giorno dopo giorno. Lasciando briglia sciolta alla presunzione smodata di Capuano che di fatto ha “precipitato” le già esigue casse societarie
Giochi del Mediterraneo o “Giochi delle illusioni” per la città di Taranto. Una manifestazione sportiva, seppure internazionale, della durata di dieci giorni, che tutti i Paesi partecipanti cercano di evitare. L’interesse delle nostre Nazionali? Scarso. Nel torneo di calcio (per esempio) saremo rappresentati dalla nazionale “Under 19”. Stendiamo poi un velo sulla ricettività alberghiera cittadina. Atleti e staff, dei vari Paesi, saranno alloggiati in navi da crociera. Una vittoria di Pirro per il capoluogo Ionico?
Nulla da dire sull’opportunità, lodevole ed apprezzabile (ci mancherebbe), del necessario restyling agli impianti sportivi (obsoleti) del territorio. Vedi, su tutti lo stadio Iacovone. Per il resto rimane da comprendere quale sia il vantaggio (soprattutto economico) per l’indotto del territorio.
L’entusiasmo dell’ufficialità, era l’ormai lontano 2019, sta scemando progressivamente, per le ripetute difficoltà che il progetto ha incontrato nel suo avvio “accidentato”. I più delusi sono i tifosi del Taranto, già umiliati dal pessimo andazzo dei risultati della propria squadra, sia sportivi che finanziari. Cacciati dalla loro curva per più di una stagione. Condotti al disamore per le numerose falle aziendali che stanno spingendo quella “maglia” verso più modeste categorie regionali.
Certo. Perché nel 2026 lo Iacovone da 80 milioni di euro e capienza da 20 mila sedute, che avrebbe dovuto (ri)aprire i cancelli con il Taranto in serie B, lo vedrà invece relegato in anonimi, quanto difficoltosi, campionati dilettanti. Certamente sospinto dalle gestioni deficitarie di Giove, ma colpevolmente abbandonato a se stesso dalle Istituzioni.
Il professionismo dei rossoblu è stato “minato” da promesse di sostegno mai mantenute. Un territorio (reso inagibile loIacovone) sprovvisto di un idoneo impianto (sostitutivo) per giocare tra i professionisti. Il disinteresse ostativo del Sindaco Melucci. Dal 2019 (quando si ufficializzarono i Giochi a Taranto) ai giorni nostri. Una richiesta di sostegno (strutturale più che finanziario) mai recepito. Amministratori locali impegnati soltanto per dirimere le loro “beghe” politiche. Con il primo cittadino pubblicamente schierato in opposizione alla squadra di calcio che rappresenta la città in ambito nazionale. Lo sbaglio più grande, attribuibile a Massimo Giove, non aver voluto e saputo comprendere per tempo. Di non essersi tempestivamente adeguato (testardamente) alla situazione di crisi (economica e strutturale) che stava lievitando giorno dopo giorno. Lasciando briglia sciolta alla presunzione smodata di Capuano che di fatto ha “precipitato” le già esigue casse societarie. Diceva un carissimo amico: ‘inutile comperare la Ferrari se poi non hai il denaro per fare il pieno di benzina’. Oggi, i numeri di quel disastro finanziario, sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere smentiti (perché depositati in Camera di Commercio).
Il Taranto rincorre quotidianamente la provvista. Gli “improbabili” acquirenti, che da ottobre scorso si sono alternati nella “analisi” dei conti, sono tutti degli “scappati di casa” (Melucci ed Azzaro, ma dove eravate?). Tutti più interessati alla gestione del ristrutturato Iacovone che al futuro di quella storica “maglia”. Dopo Campbell, Giovanni Di Stefano (l’uomo dei fantasmagorici comunicati stampa), più coloro che, ultimamente, si sono presentati addirittura a Ferrarese. Forse il tempo ci svelerà perché transita per Taranto l’auto referenziatosi Rinaldo Zerbo. Senza contare/nominare la “pletora” di coloro che Giove ha respinto. Perché non interessato a passare la mano.
Lunedì prossimo, 17 febbraio, si scoprirà cosa si nasconde dietro l’angolo, per il Taranto. La curiosità (interessata) e le aspettative di alcuni presidenti offende la lealtà sportiva. Le difficoltà attuali di Turris e Taranto, in un passato più o meno recente, hanno visto coinvolti molti altri club di Lega Pro, tra i quali anche Catania, Avellino e Trapani (con altre proprietà). Ripartite tutte dai dilettanti.
Al dissacrante presidente del Trapani, Valerio Antonini, faccio presente che l’iscrizione del club ionico al campionato 2024/25 è regolare. Sono stati rispettati tutti i parametri imposti dalle norme. La sua “denuncia” verbale offende il sistema e le istituzioni del calcio. Dal Consiglio Federale alla Covisoc, passando per gli uffici della Lega Pro. Ed anche la professionalità di chi scrive. Se mi è concesso, la fidejussione, rinnovata di anno in anno, è rilasciata/garantita da una delle primarie Compagnie Assicurative nazionali, riconosciuta dall’Ivass.
Antonini sa che il pagamento dell’importo relativo alla clausola rescissoria di Kanoute è stato effettuato a fronte di fattura emessa dal Taranto. Tutto tracciabile e documentato dalle scritture contabili. Con un suggerimento: sfoghi direttamente su Giove i suoi rancori personali. Eviti inutili minacce. A quelli della nostra generazione hanno insegnato che, agli avversari, prima gliele “dai” e poi glielo “dici”. Non dimentichi mai che “Nel calcio, non si sa quello che non si fa”. L’ho “imparato” nel mio vissuto di dirigente “diversamente” giovane calpestando, per oltre 45 anni, i “marciapiedi”, accidentati, di questo ambiente estremamente particolare. Se poi la sua squadra ha portato via dallo Iacovone uno striminzito pareggio rimproveri i suoi, incapaci, in quella occasione, come in altre, di fare risultato pieno. Perché i “mali” tecnici, che hanno provocato i mediocri risultati della sua squadra, vanno ben oltre quel risultato.
Che il girone C di Lega Pro, di questa stagione, sia “farlocco” lo sanno bene al quarto piano di via Allegri. Non se ne lamentano soltanto Cerignola ed Avellino che, da quel Taranto “rabberciato”, sono state sconfitte. Da tempo Gabriele Gravina auspica una riforma radicale del sistema. Il calcio italiano non può sostenere una Lega Pro a sessanta squadre. In Europa siamo l’unico Paese con una struttura di terza serie tanto appesantita e improduttiva. Dove la maggioranza dei club non riesce a tenere il passo e “veleggia” con perdite di gestione impossibili da sanare. Dove gli oneri eccessivi del costo del lavoro, non vengono mai compensati da ricavi perennemente inadeguati.
L’argomento del giorno. Il Taranto, svuotato di giocatori di categoria, “getta” in campo una formazione prevalentemente “infarcita” di figli (raccomandati) di pseudo dirigenti, di collaboratori e da una nidiata di ragazzini, “generazione Z”, tecnicamente e fisicamente immaturi. Una vera “bruttura” per la maglia.
Un imbarazzo notevole per gli avversari. Ciò nonostante è auspicabile che la classifica del girone C di Lega Pro non venga, a breve, stravolta da un “terremoto” per l’esclusione degli ionici e/o della Turris. Il vantaggio per taluni (Cerignola e Avellino) provocherebbe lo scontento (comprensibile) di altri (Monopoli, Benevento, Crotone ed anche Potenza). Uno scossone difficilmente digeribile, dai più penalizzati, nella lotta per la promozione. Immagino la reazione veemente di Oreste Vigorito, piuttosto che dei Vrenna o di Rossiello, come di Macchia. L’ennesima caduta pubblica di immagine della Lega Pro. Con Marani incapace di affrontare e risolvere, per tempo, questo pericoloso “intoppo” tanto annunciato quanto sconveniente.