Da Mou ad Allegri, passando per Parisi, Mertens, De Zerbi ed il Tiki Taka. Il tecnico salernitano in un’intervista a tutto tondo, pubblicata dal Corriere dello Sport
“La figura del personaggio mediatico non mi ha agevolato, ma sono fiero di me stesso. Mi sono fatto una bella famiglia, ho guadagnato bene e fatto quello che volevo, assecondando la mia vocazione: perché fare l’allenatore è come fare il prete”. Parte così, la lunga intervista del CorSport ad Eziolino Capuano; il passato, il suo Taranto ma anche Allegri e Mou, passando per De Zerbi ed il Tiki Taka; un viaggio a tutto tondo nel mondo di un uomo con il calcio nell’anima.
“Sono me stesso – attacca il tecnico -, con gli errori commessi. Ma il mio nome non è mai finito in alcuna nefandezza. I social? Non mi servono i clic. Io voglio altro: la vittoria più bella per me è stata andare al reparto di Oncologia infantile di Taranto. Sono uscito di là piangendo. E ho chiesto al mio club di mandare la 10 al primario. La sera ho portato la squadra a Paolo VI. Il calcio è aggregazione”.
Sul proprio modo di vivere la passione per il calcio, Capuano non usa mezzi termini, sottolineando come la sua schiettezza lo abbia limitato nella sua ascesa: ”Il calcio per me è l’attesa: l’attesa del sabato del villaggio di Giacomo Leopardi. Lo vivo nella sofferenza. Se sto vincendo tremo, ho l’incubo del pareggio. Modena è stato il mio Nord. Coerente anche lì, andai in una situazione drammatica. Poi il Belgio: Paratici lo dice a Imborgia. Un giorno venne il team manager e mi chiese per ché facevo giocare un calciatore e non un altro. Gli dissi: aspetta un attimo. Andai in sede e mi dimisi”.
Il rapporto con Mou ed Allegri, merita un capitolo a parte, con Capuano che pur apprezzando i due top, spende parole al miele anche per Conte e De Zerbi: “Max lo conosco da quando giocava con Camplone, allenatore Galeone, con Mou ci fu il primo contatto ad Appiano Gentile, nell’anno del triplete. José andrebbe clonato, il più intelligente al mondo. Ma io sono amico di Antonio Conte, a Roberto De Zerbi voglio bene come a un figlio. Il Tiki Taka? La costruzione dal basso che nel 6,88% dei casi ti consente di riandare su mentre nel restante 93,12% ti fa rubare la palla. Cioè, per rompere le due catene in opposizione ti resta solo meno del 7%. Però se non ci provi sei un allenatore superato, antico. Il calcio è semplice, come dice Allegri”.
L’ex tecnico, tra le altre di Avellino e Juve Stabia poi chiarisce ancora una volta la questione Mertens e poi parla anche di Fabiano Parisi: “Io Mertens non sapevo neanche giocasse al calcio. C’era Insigne all’apice e mi chiedevo: ma quando gioca questo? Io qualcuno in A e in Nazionale l’ho portato, quando vidi Parisi, per dirne uno, me ne accorsi subito. L’audio di Arezzo? Sono stato, invece, vittima di una carognata. Quel giocatore, oggi fa l’allenatore: gli auguro non gli succeda che un suo atleta faccia quel che fece lui”.
L’ultimo passaggio, è ovviamente sul Taranto: “Ho fatto riacquistare a questo popolo bellissimo il senso di appartenenza. Il programma è triennale, cerchiamo di arrivare ai playoff. Abbiamo giocato ogni quattro giorni, campo neutro, porte chiuse: i nostri 33 punti valgono di più. Non ci poniamo limiti però i grandi meriti sono di Massimo Giove, il presidente: insieme abbiamo costruito un giocattolo che vuole avere un futuro. Siamo davanti a Catania e Benevento, un punto dietro l’Avellino: ci sono società che sono andate fuori budget. Questa città l’ho rivoluta. Arrivai con Pieroni, venivo da campionati vinti ad Altamura, con la Cavese, con il miracolo Puteolana. Mi mandarono via quando ero ad un punto dall’Ascoli. Non riuscivano a esonerarmi, poi lo fecero di giovedì, con i tifosi che mi portarono in trionfo. Quando mi ha chiamato Giove, mi sentivo dire: ma dove vai? Ma io dovevo riconquistare qualcosa che mi era stato scippato. Allo stadio erano in trecento, con me alla prima partita con il Foggia, subito in tredicimila. La B? Il calcio è bello ovunque. C’è gente che in B c’è stata, di passaggio, e ora vende le pizze. Meteore”.
Fonte: CorSport – Antonio Giordano