Esclusa un anno fa dai Mondiali di Delhi, l’algerina oggi gareggia alle Olimpiadi a causa di un regolamento differente. Intanto a Parigi torna di moda la “problematica” gender
Non bastassero gli arbitraggi a generare polemiche attorno alla kermesse olimpica, spunta all’orizzonte un nuovo caso che rischia di montare un polverone non indifferente.
Il tema, è di quelli capaci di dividere l’opinione pubblica e nella fattispecie poco ha a che fare con il mero ambito sportivo.
Semplificando, ove possibile, la materia del contendere non è (solo) un incontro di boxe. Perché se è vero, che la rilevanza sportiva sta tutta nel fatto nell’appuntamento fissato per domani, quando la nostra Angela Carini sarà sul ring nel tentativo di difendere l’onor patrio in quel di Parigi, la notizia vera e propria risiede tutta nell’avversario con il quale la pugile napoletana classe ‘95 andrà a misurarsi.
Aprendo il passaporto, si legge: Imane Khelif, 25 anni, paese di nascita, Algeria. E fin qui, tutto normale, le note dolenti, agli occhi di chi scrive, figlie della confusione dei nostri tempi, sorgono qualche riga più sotto, quando sul documento, alla voce “genere”, un chiarimento pare necessario.
Khelif, è un’atleta intersessuale, ovvero una persona che possiede il corredo cromosomico dell’uno o dell’altro sesso, con aspetto esterno che presenta una mescolanza dei caratteri dei due sessi. Nel caso specifico, a differenza di quanto stabilito dal CIO per gli atleti transgender, non esiste un “pieno titolo di gareggiare con le donne”, pertanto (anche) in questo caso si ricorre ai test d’idoneità di genere, noti come test di verifica del sesso (gli stessi possono consistere nella comunissima consegna di un certificato medico, sino a giungere all’esame dei genitali, piuttosto che a test ormonale o cromosomico). E fin qui, tutto più o meno liscio.
A scatenare il problema però ci ha pensato il fatto che la boxeur nordafricana, lo scorso anno era stata esclusa dalla finale dei Mondiali di pugilato proprio per aver fallito la verifica ormonale (prevista dall’ International Boxing Association), dalla quale era emersa la presenza di cromosomi XY, quindi maschili (le donne presentano solo cromosomi XX). Capitolo chiuso? Nemmeno per sogno.
Perché il Comitato Olimpico, a distanza di un anno, in vista delle Olimpiadi, ha ripetuto gli stessi esami, decretando però, che l’atleta può essere ammessa a gareggiare con le donne, in quanto i parametri cromosomici richiesti dal CIO sono differenti da quelli previsti dal regolamento IBA.
In soldoni, un anno fa, l’IBA, stabiliva che Khelif aveva dei valori troppo poco femminili per poter gareggiare con una donna, oggi essendo differenti i parametri richiesti per poter accedere alle Olimpiadi, il problema non si pone.
A questo punto la questione assume una connotazione burocratica, probabilmente politica ancor prima che sportiva. Se da una parte infatti nonostante il clamore suscitato, non esistono al momento evidenze scientifiche sull’ipotesi che Khelif abbia cambiato sesso, resta inspiegabile come non esista un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale tra Europei, Mondiali e Olimpiadi.
Ultima ma non meno importante considerazione, riguarda la garanzia che vengano rispettati i criteri di sicurezza di entrambe le parti in causa. Al netto delle valutazioni sull’inclusione di atlete trans, sulle quali ogni considerazione merita rispetto, pare evidente come nello specifico caso delle discipline di contatto, ed in particolar modo per ciò che concerne la boxe, il livello di testosterone superiore, seppur “abbassato” possa incidere in maniera determinante, sull’esito della gara ed ancor peggio arrecare serio danno a chi invece è in possesso di valori prettamente femminili.
Diversamente avremmo difficoltà a spiegarci l’esclusione operata ai Mondiali dall’International Boxing Association.
Buona Olmpiade. Ah quasi dimenticavo, forza Angela!