La Commissione Europea invia una lettera di messa in mora all’Italia per le emissioni industriali. Sul tavolo 477 prescrizioni ambientali dal costo stimato di oltre un miliardo di euro. Il ministro Pichetto Fratin: “Puntiamo all’impianto più decarbonizzato d’Europa”
Un’atmosfera cupa ruota attorno all’ex Ilva con l’arrivo di una lettera di messa in mora supplementare da parte della Commissione Europea all’Italia, accusata di non aver recepito correttamente la Direttiva sulle emissioni industriali. Come riporta Il Sole 24 Ore, Bruxelles concede due mesi all’Italia per mettersi in regola, evidenziando che il paese non considera adeguatamente il problema dell’inquinamento durante il rilascio delle autorizzazioni e non prevede la chiusura delle attività in casi di episodi gravi.
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha prontamente risposto durante un incontro con Confindustria Taranto, sottolineando che è già in corso la definizione della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia). “La nostra intenzione è creare con la nuova Ilva l’impianto più decarbonizzato d’Europa”, ha dichiarato il ministro. Secondo quanto riferisce il quotidiano, la situazione è ulteriormente complicata dalle 477 prescrizioni ambientali previste dalla nuova Aia, il cui costo stimato supera il miliardo di euro. L’autorizzazione permetterebbe all’azienda di produrre per altri 12 anni con gli attuali impianti, con una capacità di 6 milioni di tonnellate di acciaio l’anno. Acciaierie d’Italia ha contestato queste prescrizioni, definendole “sostanzialmente inattuabili” e “difficilmente traguardabili”.
Negli ultimi mesi si è creato un complesso meccanismo amministrativo che coinvolge il ministero dell’Ambiente (finora poco presente nella ricerca di soluzioni), l’Istituto superiore di Sanità e gli organismi della Regione Puglia. I commissari straordinari hanno presentato corpose controdeduzioni, esprimendo particolare preoccupazione per il riferimento al possibile principio di precauzione in relazione al rischio sanitario.
Un quadro normativo che sembra influenzare anche le trattative con Baku Steel Company, il consorzio azero che ha ottenuto l’esclusiva per la negoziazione. La conferenza dei servizi per chiudere l’iter dell’Aia ha subito due slittamenti, ora prevista per il 21 maggio, segnalando le difficoltà del processo di vendita. Le posizioni degli stakeholder sono contrastanti: una parte della politica teme che il testo permetta di continuare a inquinare con il carbone per altri 12 anni, mentre chi conosce la fabbrica dall’interno e il governo stesso ritengono che il volume delle prescrizioni sia incompatibile con una razionale prosecuzione dell’attività produttiva, rischiando di scoraggiare potenziali investitori interessati a una riconversione “green” nel medio periodo.